I consigli degli amici

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Oggi ben tre consigli di Silvia Signaroldi.

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incardona_lameta_deldiavoloCHI: Silvia Signaroldi

COSA: “La metà del diavolo” di Joseph Incardona

COME/DOVE: a casa

QUANDO: in ogni minuto libero

PERCHE’: perché è un viaggio statico, è incalzante, ha ritmo, e crede in chi non ha più nulla da perdere.

Teso, tagliente, asciutto, triste e senza speranza, perché tutto quello che si confronta con la morte non può mai vincere.
I personaggi sono tratteggiati come se fossero disegnati a china, si percepiscono occhi vuoti, mascelle contratte, dolore visibile e palpabile, anzi, è il dolore il personaggio principale, che accomuna tutti gli altri protagonisti, chi corre lungo l’autostrada, chi abita l’autostrada, chi lavora in autostrada: è tutto così inesorabilmente connesso e ognuno è così disperatamente e crudelmente solo.
Il dolore è protagonista e l’azione del libro è invece una caccia cui non sfugge il minimo particolare, con tempi pazienti, e poi serrati, e poi quando la soluzione sembra lì, il tutto si fluidifica di nuovo, e allora poi corri, recuperi, afferri ogni minima possibilità, ogni minimo segnale che potrebbe essere una salvezza e quindi la fine di tutto.
La fine.
Il ritmo di scrittura segue la storia, rallenta, sembra accelerare di colpo, ci siamo, poi di nuovo lento, arretra, prende una rincorsa, sale per scendere di colpo: crude situazioni, stacchi imprevedibili, simboli, elenchi di azioni di emozioni di descrizioni, e ragionamenti, deduzioni, pause nette, realizzazioni e azioni, e resti avviluppato in quell’autostrada che tante volte hai distrattamente imboccato senza mai vederla realmente.
Mi è piaciuto per come mi ha preso, per l’emozione affannosa ma fredda che ha saputo trasmettere costruendo attorno alla vicenda un’inquadratura originale e ben congegnata.
“Tìa Sonora ha imparato che le bugie dicono più cose sulla verità che la verità stessa.
Tìa Sonora ha imparato a raccontare bugie. La bugia è la vera creazione. La bugia è sogno.
Tìa Sonora ha capito che la verità non è nient’altro che l’esistenza stessa.
La bugia è l’altrove, è dove la gente vorrebbe essere.”

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neuman.pngCHI: Silvia Signaroldi

COSA: Andrés Neuman – “Le cose che non facciamo”

COME/DOVE: a casa

QUANDO: appena ho un attimo di tempo

PERCHE’: consigliato da Sara, ne leggerò ancora perché è un autore fresco capace di scrivere su diversi registri, con la sintesi elegante e compiuta necessaria al tempo breve del racconto.

Un bel libro di racconti, un giovane autore argentino scoperto grazie al vostro gruppo di lettura.
Racconti fulminanti, introspettivi, cattivi, concitati, cinici, angoscianti, teneri, affettuosi: tanti mondi, tante sfaccettature di quella complicanza ambulante che ognuno di noi più o meno consapevolmente è.
Colpisce per la varietà di argomenti, la varietà di stili, la varietà di situazioni: ogni storia è diversa e racconta situazioni normalmente paradossali, in un linguaggio perfetto, elegantissimo, ricco di parole e di sfumature (merito questo anche di un’accurata traduzione: troppe volte non ci si pensa e si dà per scontato, ma una traduzione colta e significativa valorizza e anzi esalta il testo tradotto e ne assicura la fedeltà e la coerenza) e adatto alla vicenda, vario e sempre comunque diverso. Ci troviamo un “Dare alla luce” a perdifiato proprio come un parto (o un amplesso?) senza interruzioni di punti-duepunti-puntoevirgola, oppure una logica aberrante nel “Monologo del mostro”, il disprezzo per l’emulazione di “Vestiario” e l’ironica analisi della “Teoria della stesura”, la dolcezza e l’amore di “Madre di spalle”, la lucida pazzia di “Juan, José”, l’assurda sincronia della “Coppia perfetta”, la sensuale complicità delle “Cose che non facciamo”.
Avevo letto da qualche parte che è più complicato scrivere racconti brevi che lunghi romanzi, ed in effetti anche dal punto di vista del lettore è più facile lasciarsi prendere da un romanzo con fitta trama e personaggi che hanno il tempo di presentarsi e farsi riconoscere, che non da brevi racconti che in un’inquadratura devono definire la situazione, ritrarre i protagonisti e proporre un più o meno aperto finale: qui non sfugge nulla, l’inquadratura è sempre diversa e sempre al massimo della definizione, senza sprechi o sbavature.

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LA-GRAZIA-DEL-DEMOLITORE.jpgCHI: Silvia Signaroldi

COSA: Fabio Bartolomei “La Grazia del Demolitore”

COME/DOVE: a casa

QUANDO: appena possibile

PERCHE’: ho scoperto l’autore con uno strepitoso “We are family”, e poi l’ho seguito al cinema con “Noi e la Giulia”, e questo è proprio un altro bel dizionario di emozioni in accurato stile naif, per chi vive coi piedi non troppo sulla terra.

Più ne leggo e più mi piace, mi conquista parola per parola, in un’atmosfera che ti fa sentire abbracciata da tutto l’affetto che si può mettere nelle pagine di un libro.
Descrive la cecità come se i ciechi fossimo noi lettori, per farci immaginare odori, scene di film, sensazioni tattili, paura e fiducia.
La scrittura mi sembra ancor più precisa ed elegante dei precedenti suoi libri, leggera come un soffio di aria fresca e profumata, ma accuratissima nella scelta dei termini e nelle descrizioni linearmente articolate.
I personaggi come al solito sono irreali e strampalati ma veri ed emozionanti, con Davide e i suoi amici che sembrano bambocci viziati ma capaci di ideali ed utopie, con una figura materna che sembra lontana e trasognata ma se ne esce con imperturbabili slanci di affetto attento e sicuro.
Sono incommensurabili le scene del ballo di Davide e Ursula, nell’innocente perversione di una convivenza per lei inconsapevole e che lui vive da candido voyeur della sua vita imparando che della vita bisogna gustarsene ogni minimo dettaglio.
Tra tutti i protagonisti chi ne esce peggio è il padre, un “cattivo” che ha metabolizzato i rimorsi e ha imparato a convivere con i suoi incubi.
Mentre Ursula, la protagonista cieca, ha la grazia di muovere intorno a sé una storia surreale in cui tutti, dai protagonisti ai lettori, imparano a vedere meglio intanto che il suo orizzonte si allarga sempre più mano a mano che gli ostacoli le vengono appianati e rimossi: è come se ci indicasse la strada per renderci fiduciosamente la vita più semplice.
E finisce, come tutti i suoi libri, che non finisce: perché è sì una favola ma è proprio come la vita, e quindi continua…

 

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