Recensione: “La distrazione di Dio”

Recensione di Silvia Signaroldi.

La distrazione di Dio
di Alessio Cuffaro
(Autori Riuniti)

cuffaroNon ricordo più come ci sono arrivata, forse di link in link partendo proprio da un gruppo di lettura e incuriosita dalle due righe di trama sono partita. Solo oltre la metà mi sono accorta che le pagine sono numerate al contrario, con un segno meno davanti: un’idea inusuale che mi ha confermato le impressioni e le sorprese di lettura.
E’ la storia di questo personaggio che alla fine della sua vita, e di ogni sua vita, non muore e si ritrova nel corpo di un’altra persona che sta a sua volta morendo e che effettivamente muore lasciandogli in eredità il suo corpo: occasioni che vanno avanti per ben più di cento anni, attraversando le epoche, la storia, le città.
In un primo tempo questo susseguirsi di vite e di corpi ha vagamente richiamato alla mia memoria Il curioso caso di Benjamin Button.
Alla fine, e solo alla fine, quando nell’ultimo corpo si ritrova in terapia con uno psicologo (apparentemente scettico, ma forse più consapevole di quanto voglia far credere al protagonista, e a noi lettori) mi si forma la convinzione che il personaggio potrebbe essere una lunga e articolata metafora di quella che è la vita di ognuno di noi, delle persone che incontriamo, delle altre vite in cui lasciamo un segno da cui dipendono eventi e sviluppi delle storie altrui, e dei sensi di colpa che ne riportiamo. E infatti lo psicologo gli, anzi, le dice: “Il punto è accettarlo e imparare a stare dalla propria parte, anche se si crede di non meritarlo.”
Una scrittura precisa ma non pedante, leggera e scorrevole anche se fin troppo ‘normale’ per un’idea decisamente originale.
Talmente originale che la vedrei come potenziale sceneggiatura di serie tv: una serie di storie concatenate nelle epoche e nei luoghi più disparati, tanto che per un attimo nella mia mente il personaggio era una specie di Doctor Who!

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