“Ora pro loco”
di Gesuino Némus
(Elliot ed.)
Recensione di Noemi Veneziani.
A A A cercasi turisti
Si sta preparando un giorno d’inverno come tanti altri nel povero paesino dell’ogliastra sarda di Telévras quando, il ritrovamento del corpo senza vita dell’esuberante ottantenne – considerato un giovanotto dato il tasso di età media presente nella zona – Venanzio Oréri, presidente della locale Pro Loco, provoca la rapida diffusione di un sentimento di malinconia e sconforto.
Venanzio Oréri, responsabile della locale Pro Loco. Aveva passato tutta la vita a promuovere il territorio, pubblicizzarne le sue bellezze,decantarne le meravigliose virtù dei prodotti tipici, promuovere quelle spiagge da sogno ma…
[…] E ora lo avevano trovato esanime, nella sua casa in pietra a ridosso delle montagne, col volto sereno di chi muore circondato dall’effetto dei suoi trigliceridi, lasciava un vuoto incolmabile in quella piccola comunità. Incolmabile è il termine giusto: nessuno, infatti, voleva quel posto!
Proprio così, nessuno sembra infatti volersi assumere la responsabilità di portare avanti la faticosa opera di promozione del territorio in cui Venanzio aveva investito tempo ed energie.
Non solo, a complicare ulteriormente una situazione già abbastanza critica di per sé, ecco sopraggiungere una pioggia torrenziale che sembra divertirsi a giocare con gli animi già sconfortati degli abitanti alle prese con improvvise inondazioni e misteriosi incidenti in grado di trasformare innocue e annoiate persone di un paesino sperduto tra i Tacchi (formazioni calcaree) dell’ogliastra, in efficienti poliziotti in grado di svolgere le indagini battendo sul tempo le forze dell’ordine della vicina Narghilé a cui venne affidato il caso.
A nessuna delle autorità sembrava importare niente.
Ma le vere indagini erano cominciate subito tra gli abitanti di Telévras. Il caso per loro era già risolto e le condanne assegnate.
Il caso si potrebbe dunque dichiarare risolto, se non fosse per la birichina penna dello scrittore che pare divertirsi a delineare situazioni sempre più elaborate causando maggior parapiglia tra i membri della comunità e il lettore stesso.
Infatti l’Ente del Turismo della Regione sembra aver preso in carico la drammatica condizione di Telévras e aver di conseguenza elaborato un piano per la rinascita della zona: la proposta viene presentata dal Ragionier Franco Ferrucas senza ottenere il successo sperato. In fondo, l’idea di costruire un supercarcere per i condannati al 41 bis, per poter dare lavoro agli abitanti della zona, non sembra essere una “buona trovata”. Piuttosto far partecipare un autoctono – nel caso specifico Titina, catechista di professione e abile imitatrice di versi animali – a un importante show televisivo sul continente!
Ma ecco nuovamente la frizzante penna dello scrittore fare irruzione in un ormai poco lineare intreccio narrativo.
Una seconda morte “accidentale”: il bravo autista di corriere Sergiolino, dopo aver deposto la propria testimonianza relativa all’incidente d’auto, sembra essersi sparato un colpo in testa. Proprio lui che non ha mai sparato colpi nemmeno a Capodanno.
A questo punto le cosiddette morti “accidentali” iniziano a essere troppe per l’ispettore capo Marzio Boccinu il quale, ritiratosi volontariamente dalla professione per un periodo di congedo, decide di portare avanti le indagini trasferitosi proprio a Telévras. Lì impara a conoscere un mondo che appare parallelo a quello in cui noi comuni mortali siamo abituati a vivere e si scontra con stravaganti personaggi come l’eccentrico e gelosissimo poeta Donamínu Stracciu – che arriverà addirittura a inventarsi la storia di una nuova Area 51, denominata giustamente Nuraghe 51, in cui numerosi personaggi famosi si sarebbero rifugiati dopo aver inscenato la propria morte per poter vivere fino a cent’anni, in virtù della magica dieta ogliastrina -, lo spigliato barista Samuele Baccanti – che se solo fosse vissuto all’epoca di Freud sarebbe stato un degno sostituto della celebre Anna O. – e l’inimitabile Michelangelo Ambéssi.
L’uomo che aveva conosciuto anche la regina d’Inghilterra e ne aveva montato i cavalli ad Ascot; colui che mai aveva usato la frusta per costringere il suo destriero a sprintare e che guardava tutto ciò che fosse più altro di 160 cm con sospetto; così fiero di aver imparato da solo a leggere e a scrivere e d’aver capito molte più cose dai cavalli che dagli uomini.
Ad accompagnare l’imbrogliata vicenda non poteva che essere una travagliata, curiosa e un po’ insolita, storia amorosa tra l’ispettore Marzio e la pura (di spirito e un po’ meno di corpo) Titina Inganía.
Comunque tutto è bene quel che finisce bene.
Il romanzo dal curioso titolo Ora Pro Loco – edito da Elliot – e scritto da Gesuino Némus, autore e probabilmente anche narratore della vicenda da quella sua casa sita a Cuccurru, proprio l’ultima [casa], quella dove non arrivano manco le capre, svela infine il colpevole e l’ovvio movente di tutta la vicenda senza tuttavia far mancare alla narrazione gli ingredienti indispensabili di un giallo di qualità; ecco dunque comparire, nel corso della vicenda, lettere minatorie, intrighi amorosi e azioni più o meno legali.
Scritto con l’intento di denunciare un tema molto serio, come è quello dello spopolamento della sarda regione sud-orientale dell’ogliastra, Némus propone al lettore comiche scenette, narrate mantenendo una scrittura leggera, scorrevole e intrisa di nuragico ottimismo, particolarmente funzionali a far comprendere ai più l’importanza e l’essenzialità di farsi venire una “buona idea” che possa mettere in evidenza le ricchezze del proprio territorio.
«Dall’anno prossimo ci inventiamo un animale mitologico».
«Il cervo dantesco? O il muflone tigrato? La “lonza leggera e presta molto” dell’inferno di Dante?” Quelli li posso inventare Vena’».
«Inventa, inventa, tanto sempre pecora è la carne che gli diamo».