Per la Libreria Fahrenheit 451, un libro recensito da Alessandro Dosi:
DOVREI ESSERE FUMO
di PATRICK FOGLI
ed.PIEMME
La prima reazione leggendo questo libro è di silenzio.
Silenzio perché questo libro non è un romanzo thriller come ne scrive di solito l’autore, è una storia nella storia.
Se uno ha un minimo di conoscenza e di coscienza storica si rende facilmente conto di come la parte riguardante la storia di Emile sia troppo vera troppo simile a tante altre dolorosamente conosciute per non prendere il sopravvento in questo cupo romanzo.
Tante persone sono morte nei campi, ma alcune di quelle sopravvissute lo sono state anche perché, orrore nell’orrore sono state vittime e complici involontari, costretto a spogliare, depredare e bruciare i corpi dei compagni di sventura, arrivando al limite, come in questa storia, di accompagnare alla morte e che morte, la propria donna o la propria famiglia.
Non a caso il titolo è perfettamente inserito in questo tema, c’è un lungo bellissimo, amaro paragrafo che ne manifesta la ragione.
E questa è una parte.
Poi c’è il romanzo che si conclude in una vendetta singolare, coerente, non cruenta, ma dove la giustizia, il contrappasso hanno il sopravvento, un romanzo dove i protagonisti vivono tutti con un peso, con il peso della propria storia, delle proprie origini, delle proprie ragioni e si muovono quasi lentamente, consapevolmente verso una fine necessaria.
Infine, a parte il messaggio, “non dimenticare”, comune ad ogni storia sull’epoca, rimane la capacità di Fogli di narrare con maestria questa alternanza di passato e di presente, questo legame indistruttibile, trattando ogni personaggio in modo onesto, perché nessuno è mai solo buono o cattivo, perché nulla è solo bianco o nero.
Credo che il pregio maggiore di PF sia comunque quello di far riflettere il lettore sulla storia in quanto come afferma “Il filo conduttore dei miei libri e’ la paura che ciò che ci ha formato come persone se ne stia andando troppo in fretta, nella nostra società si danno per acquisite troppe cose e troppe se ne dimenticano”.