Recensione: “La figlia del fuorilegge”

La figlia del fuorilegge
(Maria Venegas, trad. di Manuela Faimali, Bollati Boringheri)

venegasLa casa editrice Bollati Boringhieri da qualche mese ha diffuso nel mercato editoriale La figlia del fuorilegge di Maria Venegas. Un romanzo intenso che sullo sfondo di una microstoria familiare costellata di violenza, di lutti e di abbandoni, parla di sentimenti forti quali l’odio e l’amore ma anche di riconciliazione da parte di una figlia con un genitore che – per usare un eufemismo – ne ha combinate di cotte e di crude. L’autrice, nata in Messico, cresciuta nei suburbi di Chicago, prima di approdare nella Grande Mela, da oltre un decennio riesce a narrare di sé senza fare memorialistica. Unica ad aver studiato, superando la contrarietà della madre – casa, lavoro e setta religiosa – per lungo tempo, al pari di altri componenti della famiglia, numerosa e disgregata, già immigrata clandestinamente negli anni ’80, ha ostinatamente rifiutato di saperne del padre dalla vita violenta e autodistruttiva, al centro di faide familiari.
Pagina dopo pagina, tra lavori saltuari, aspirazioni adolescenziali ed esperienze dolorose, questa giovane donna si costruisce una corteccia per affrontare le avversità della vita, anche grazie ai corsi di recitazione con cui ha dato accesso alle sue emozioni. Ad un certo punto, si rende conto però che pur avendo coronato alcune sue ambizioni, ha molta rabbia ancora incamerata addosso e sente il bisogno di fare conti con l’ingombrante figura paterna.
Incoraggiata da un fidanzato comprensivo, varcherà a ritroso il confine messicano, destinazione Zacatecas, per affrontare dopo tre lustri di distacco quel padre che pare aver fatto un patto col diavolo. Inizierà un inaspettato e lento percorso di riavvicinamento, ai lettori scoprirlo…

Massimo Martinelli
Libreria Fahrenheit 451 Piacenza

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