Recensione: “Solo per Ida Brown”

Recensione di Alessandro Mastroianni:

Solo per Ida Brown
di Ricardo Piglia
(Feltrinelli)

piglia

“La questione non era come pensare ciò che si vive, ma come vivere per poter pensare”

Ricardo Piglia, argentino, tra i migliori scrittori latino americani, ci lascia come ultimo lavoro questo “Solo per Ida Brown”, un romanzo noir pregno di letteratura e critica letteraria, di filosofia politica e attualità, un testo colto senza essere erudito, a duplice velocità, azione e riflessione.
All’interno del mondo universitario che l’autore ben conosce (docente a Princeton ed Harvard), si muove il protagonista Emilio Renzi, invitato come visiting professor in qualità di docente di letteratura inglese alla Taylor University, nei pressi di New York.
Aleggia un che di Ballard nel campus universitario dove Ida Brown, star accademica esperta studiosa di Conrad, invita Renzi per un semestre di seminari su W.C. Hudson, autore britannico che nei primi decenni del novecento propose una nascita di movimenti di ritorno attivo alla natura.
Come in Simenon, il delitto arriva educatamente puntuale, previsto e prevedile, vittima è proprio Ida Brown.
E come prevedibile è il delitto, poco spazio viene dato anche all’indagine.
Il colpevole, un prestigioso matematico terrorista, un anacoreta scientifico che vive in elogio del romitaggio, à la Thoreau, viene di fatto consegnato al lettore senza particolari intrecci investigativi.
Allora quale può essere l’interesse per un romanzo che pare essere di genere ma che del genere (noir o giallo che sia) ha poco o nulla, forse solo una confezione apparentemente stilistica?
Donna di élite ma al contempo anti elitaria, affascinante femmina dal carattere sfuggente, quasi in bilico tra due ruoli, (non dimentichiamo lo sguardo di Piglia tipicamente argentino, con la memoria alla dittatura recente), Ida Brown appartiene al mondo del potere culturale del quale si nutre e dalla quale fugge delineando forse il perfetto e incoerente intellettuale odierno. Ancor più significativo se consideriamo quanto negli Stati Uniti un pensiero radicale o estremo venga considerato antisociale e letteralmente sbagliato.
Cosa può significare oggi la figura di un terrorista?
Se tipicamente gli eroi dei romanzi sono avventurieri o dandy, il terrorista è una sintesi di essi con l’aggravante di sentirsi unico ed eccezionale, recita Nina, un altro bellissimo personaggio femminile. Qui troviamo un lucido matematico che muove dall’assenza in società all’azione diretta. Un uomo che si sottrae, un uomo per cui “la verità non coincide con la realtà empirica, per il quale allontanarsi da tutto è la sola possibilità per non uscir di senno. L’unica via per dominare il mondo è lasciarselo alle spalle.”
Piglia non dà indizi certi, è forse nelle trame intertestuali precedenti il delitto che fornisce le basi per poter comprendere l’attacco al potere e alla classe dominante. Oppure nella serie di rimandi letterari e intuizioni suggerite nelle digressioni accademiche che troviamo la strada di connessione con il pensiero di un lucidissimo e razionale terrorista.
L’ultimo lavoro dello scrittore argentino è una colta analisi sul potere delle classi dominanti, su quello intellettuale ed accademico e sui suoi centri di produzione.
Un lucido e disincantato sguardo sul presente, non solo statunitense.

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