
«Immaginate Albert Camus sul Mississippi a scrivere “Lo straniero” o Flannery O’Connor che sbatte i suoi racconti e la Bibbia sul tavolo per incendiare una chiesa; immaginate “Il giovane Holden” abitare in una cittadina del Midwest americano al posto di guardare le anatre a Central Park; o William Faulkner su una decappottabile che al posto de “L’Urlo e il furore” si guarda indietro come se il presente fosse solo un rimbombo senza leggi. Si pensa a questo finendo la lettura de “L’ultima cosa bella sulla faccia della terra” dello scrittore americano Michael Bible, nelle librerie italiane da martedì 5 settembre, nella traduzione di Martina Testa. Un romanzo con tutte le carte in regola per diventare un caso editoriale: come Stoner di John Williams o Il cardellino di Donna Tart».
Marco Rossari, TuttoLibri (La Stampa)
Il libro
Mentre tutti sono raccolti in preghiera, dall’ultima fila Iggy avanza verso il centro della chiesa. Trema, e la benzina che ha portato con sé per darsi fuoco – come quei bonzi che ha visto in rete – si rovescia. Il fiammifero acceso gli cade di mano. Nel rogo muoiono venticinque fedeli. Diciotto anni più tardi gli abitanti di Harmony, una cittadina del Sud degli Stati Uniti, ancora si portano dentro quel lutto, ancora – come un antico coro – si interrogano e commentano l’accaduto. La loro versione si alterna a quella di altre figure direttamente coinvolte o appena sfiorate dalla tragedia, mentre su tutto si impone, ipnotico e straziante, il racconto del colpevole, rinchiuso nel braccio della morte. Ora che l’esecuzione si avvicina, a Iggy resta solo il rifugio nel sogno – o nel ricordo – di un’altra vita, di mille altre vite. Da dove è scaturita quella decisione estrema e inconsulta? Che cosa gli ha sconvolto la mente? Gli antidolorifici che sniffava, l’alcol e l’eroina? L’amore «selvaggio, cosmico e strano» per Cleo, o quello per Paul, l’amico scomparso «come un temporale che passa sopra la campagna e si dilegua in un batter d’occhio»? O piuttosto quel dolore segreto, quel tedio insopportabile, quello sgomento di fronte a un universo infettato da un oscuro morbo di cui solo loro tre sembravano avere consapevolezza?
Michael Bible è un giovane scrittore ma ha già un mondo e una voce, che modula con sapienza per prestarla alle sue creature dolenti, dando vita a una ballata visionaria, calibratissima, carica di poesia concreta e di accenti biblici, con la quale sembra essersi già guadagnato un posto fra i grandi narratori del Sud americano.
